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  • COMMENTO alla SENTENZA 143/2024 DELLA CORTE COSTUZIONALE

    COMMENTO Sulla sentenza n. 143/2024 della Corte Costituzionale.

    La corte Costituzionale con sentenza n. 143 / 2024 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 31, comma 4, del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150 (Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell’articolo 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69), “ Quando risulta necessario un adeguamento dei caratteri sessuali da realizzare mediante trattamento medico-chirurgico, il tribunale lo autorizza con sentenza passata in giudicato. Il procedimento è regolato dai commi 1, 2 e 3.”, nella parte in cui prescrive l’autorizzazione del tribunale al trattamento medico-chirurgico anche qualora le modificazioni dei caratteri sessuali già intervenute siano ritenute dallo stesso tribunale sufficienti per l’accoglimento della domanda di rettificazione di attribuzione di sesso.

    Il ragionamento della sintetica sentenza , comunque di difficile o quanto meno di non univoca interpretazione è stato nel senso che:

    a) l’intervento chirurgico non è più necessario ai fini dell’affermazione di genere già da quasi dieci anni (cfr. sentenze del 2015 della Corte Cassazione e Corte Costituzionale);

    b) di fatto l’autorizzazione al trattamento chirurgico avviene contestualmente alla stessa pronuncia di rettificazione di sesso e quindi mostra, nella sua rigidità, di aver perso la sua funzione diventando irrazionale oltre che obsoleto viste le prassi seguite dai tribunali; testualmente: “ non corrisponde più alla ratio legis” si legge nel comunicato che precede la sentenza della Consulta.

    c) ne consegue la sua illegittimità costituzionale.

    In tal modo la Corte oggi ‘si allinea’ alla giurisprudenza di merito ed anche propria, sul tema della non necessarietà dell’intervento chirurgico quale passaggio prodromico all’ ordine allo stato civile di rettificare il prenome ed il genere, così come indicata nel comma 4 dell’art. 31, ai fini dell’affermazione di genere, ma questa volta ‘modificando’ proprio la legge.

    Ed allora, in sostanza, chi ha effettuato e concluso il percorso sanitario di affermazione di genere non ha più bisogno dell’autorizzazione giudiziale ai trattamenti chirurgi di rcs?

    La formulazione della sentenza “illegittimità costituzionale dell’art. 31, comma 4, del d. lgs. n. 150 del 2011, nella parte in cui prescrive l’autorizzazione del tribunale al trattamento medico-chirurgico anche qualora le modificazioni dei caratteri sessuali già intervenute siano ritenute dallo stesso tribunale sufficienti per l’accoglimento della domanda di rettificazione di attribuzione di sesso” non sembra consentire di affermare che sia stata puramente e semplicemente eliminata l’autorizzazione ai trattamenti chirurgici.

    Non sembra cioè accolto il primato della Scienza (medica) sul diritto che, come Onig, invocavamo e che la Corte stessa cita a pag 5. della sentenza.

    D’altro canto, la sentenza commentata non tocca l’art. 1 della legge in base alla quale rettificazione si fa con sentenza del Tribunale a seguito di intervenute modificazioni dei caratteri sessuali. Né spiega (e non avrebbe potuto naturalmente) quando si è nella condizione di poter dire avvenute tali modificazioni né “coinvolge” l’art. 5 c.c. sul divieto degli atti di disposizione del proprio corpo, articolo caposaldo ancora in essere nel nostro ordinamento.

    Tutto ciò lascia, quindi, da un lato comprendere che sia inalterata la necessità del percorso giudiziale e dall’altro lato supporre che la necessità di una autorizzazione giudiziale qualora si voglia e scelga l’intervento chirurgico di riassegnazione del sesso sia ancora necessaria e quindi, anche se non esplicitamente, sia stata mantenuta.

    Insomma, parrebbe un cambiamento, tutto sommato “piccolo” rispetto al passato, forse più volto a ritenere non più attuale (e pertanto illegittima) la formulazione letterale dell’abrogato articolo, che sostanziale.

    I futuri orientamenti, anche interpretativi, dei tribunali potranno dare maggior contezza in merito.

    Avv. Effiong L. Ntuk – Avv. Marco Rapicavoli


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